Dalla Gestalt al SAT. Un programma per l’autoconoscenza e la trasformazione
Pubblicato in: “Quaderni di Gestalt, vol. XXV 2012/1, Franco Angeli s.r.l. – Milano 2012.
“Il SAT è un modello articolato e ricco di stimoli che vengono da differenti tradizioni. Si basa su una profonda fede sulla capacità di realizzazione dell’essere umano”.
La psicoterapia della Gestalt ha registrato una profonda divisione dalla morte di Perls, avvenuta in California nel 1970, lontano da New York, luogo in cui questo nuovo approccio era nato, nel 1950, ad opera di un gruppo di intellettuali, profondi conoscitori della psicoanalisi, desiderosi di superarne alcuni limiti e di cogliere le nuove sfide che la società ormai mutata (dopo la guerra) imponeva alla clinica psicoterapica. La morte di Perls avveniva dunque lontano dal gruppo dei fondatori e dalla moglie Laura, che invece era rimasta a custodire la “fiamma” a New York, portando avanti il lavoro di rinnovamento culturale iniziato dal gruppo. L’eredità di Perls si sviluppò, quindi, in due direzioni che rimasero differenti e separate per diversi anni: nei paesi di lingua latina venne diffusa prevalentemente una pratica in gruppo definita “ateoretica”, intendendo, in tal modo, sottolineare il valore dell’integrità personale e della spontaneità, contro una predominanza degli aspetti teorici percepiti come alienanti dall’umano; nei paesi europei di lingua anglosassone, influenzati maggiormente dall’Istituto di Cleveland e in alcuni casi anche dall’Istituto di New York (in particolare grazie agli insegnamenti di Isadore From), fu diffuso un metodo più attento alla teoria, non sempre pienamente coerente (o riconoscente) al testo base di Perls, Heferline e Goodman, ma comunque radicato nel valore dell’etica della scienza.
Nell’ottica del superamento di questo vecchio split, ormai quasi scomparso nella comunità internazionale, ci sembra opportuno includere in questo numero la testimonianza di una pratica dei gruppi sviluppata dallo psichiatra cileno Claudio Naranjo, basata sulle sue esperienze con metodi spirituali/transpersonali, conosciuta e diffusa anche nell’ambito della Gestalt. Dopo la morte di Perls, Naranjo ha integrato l’esperienza significativa avuta con il metodo del tardo Perls a Esalen (da lui definito come approccio “ateoretico”) con il proprio metodo “psico-spirituale”.
Perls andò via da Esalen, poco prima di morire, anche perché non condivideva la svolta spiritale, in direzione trans-personale, che quel luogo aveva preso. Perls e Goodman volevano un sé che “sente” bene e sa in modo critico decidere e attivarsi su cosa è assimilabile e cosa no. Questo deve essere anche visto sullo sfondo della loro esperienza sociale e politica (anti-nazista, anti-fascista, anti-autoritaria). Naranjo, rifacendosi a Gurdjieƒf e Ichazo, che volevano creare un “nuovo essere umano” sembra proporre un “programma” per sciogliere il vecchio ego e iniziare la “trasformazione”. Alla morte di Perls, dal mio punto di vista, Naranjo ha reinterpretato Perls e la psicoterapia della Gestalt in chiave transpersonale – e con questo ha anche introdotto una antica tipologia – l’enneagramma – difficile da integrare in un approccio processuale, che si opponeva agli schemi diagnostici della psicoanalisi e della psichiatria ortodossa. L’interesse di Perls per lo Zen – con cui la Gestalt ha in comune la centralità dell’ “awareness” – non basta per giustificare una vicinanza tra il pensiero di Perls e gli obiettivi “transpersonali” della teoria di Gurdjieff. Abbiamo chiesto ad Antonio Ferrara, il direttore italiano più vicino a Claudio Naranjo, di descrivere il metodo SAT: il significato dell’acronimo, chi ha creato il metodo e quando, qual è l’obiettivo di questi gruppi e in quale setting vengono proposti (formazione, terapia), qual è la teoria di riferimento di questa pratica e in che modo, a suo parere, è legata alla psicoterapia della Gestalt.
Infine lo invitiamo ad esporre quali sono i pregi e i limiti di questo metodo.
Pubblichiamo il contributo del collega con l’augurio che possa costituire per il lettore e il cultore della materia un’opportunità per orientarsi tra le pratiche di gruppo usate in ambito gestaltico e per stimolare il confronto tra le diversità.
Margherita Spagnuolo Lobb
Il SAT è una terapia di gruppo? Si se intendiamo il gruppo come un insieme di persone, una comunità di individui che aspirano a conoscersi nel profondo e a dare senso e significato alla propria esistenza. Il percorso SAT ha molto influito sulla mia formazione di terapeuta e sulla mia vita. Pur avendo in esso un ruolo di supervisore e conduttore e pur collaborando strettamente con Claudio Naranjo, fondatore del SAT, è proprio qui che continuo il mio processo di crescita.
Il programma nasce agli inizi degli anni ‘70, da matrici gestaltiche, e l’acronimo sta per “Seekers Ater Truth”, cercatori di verità. SAT è anche una parola sanscrita che vuol dire essere. Naranjo lo definisce una “formazione olistica per lo sviluppo personale e professionale”. Si articola in più moduli residenziali, ed è rivolto a terapeuti, insegnanti e a quanti interessati alla conoscenza di sé. Il SAT è presente in diversi paesi e frequentato da migliaia di persone. Si rivolge a grandi gruppi e propone un modello di terapia diretto agli individui e al loro insieme, allo scopo di favorire la consapevolezza, la responsabilità e la presenza nel qui ed ora, nonché la pratica del sostegno reciproco, grazie alla terapia mutua, e la scoperta di diversi modi di stare al mondo. Il programma propone una cultura dell’essere che permette di trattare la nevrosi con la terapia, ma anche attraverso percorsi che guidano a cogliere i significati più sottili e il senso stesso dell’esistenza, insegnando una umanità che non passa solo per le parole.
Naranjo, fu leader di Esalen, successore di Fritz Perls e prosecutore della sua Gestalt. Si ispirò anche ad altri insegnamenti, come la Quarta via, il movimento promosso da Georges Gurdjieff, per il quale l’essere umano raggiunge la pienezza del suo sviluppo integrando i cervelli istintivo, affettivo e razionale. L’idea centrale, comune alla Terapia della Gestalt, è che la nostra cultura sia dominata dal prevalere di intelletto e razionalità e che si raggiunga l’equilibrio recuperando gli affetti e l’istinto. Così si completa il processo di autorealizzazione, l’auto appoggio inteso in senso pieno, frutto dei livelli più alti dell’intellettualità, cioè la saggezza, connessa alla pratica dell’amore e della crescita spirituale, valori fondanti dell’esistenza.
Il percorso prevede la rivisitazione della propria infanzia e delle relazioni con i genitori, le persone con le quali apprendemmo a interrompere le nostre potenzialità e la capacità d’amore, creando copioni di vita, frutto di emozioni, sensazioni e pensieri negativi. Si utilizzano tecniche espressive e regressive, per facilitare la libera espressione di sospesi, risentimenti, rancori e in generale di vissuti negativi che spesso in maniera inconsapevole si nutrono nei confronti delle figure genitoriali, oggi parti di noi, come ci insegna Eric Berne. In pratica in forma di incorporazioni rielaborate dei genitori reali.
Dall’elaborazione delle esperienze del passato, continuando il lavoro, ci si apre alla comprensione. Dialogando con i genitori anche le loro ragioni e i loro vissuti assumono valore, si attivano gli affetti e infine il recupero dell’amore naturale, perso nei primi anni di vita, trasformato come fu in compiacenza, dipendenza, ribellione o altro. La forte commozione che produce il risentire l’amore per il padre e per la madre fa si che la rabbia, il dolore, la paura e le incomprensioni, si trasformino in momenti di grande umanità. Crolla il copione e viene spontaneo il permesso di esprimere la propria affettività anche ad altri.
È centrale nel SAT la cultura e la pratica dell’Enneagramma, tramandata da una antica tradizione medio orientale (Naranjo, 1996). Si tratta di una figura simbolo con nove vertici che manifesta una mappa di leggi universali e di una caratterologia che rappresenta la “struttura della mente”. La
mappa è formata da 9 enneatipi suddivisi in 27 sottotipi (Ferrara in Naranjo, 2012). Questa conoscenza è stata trasmessa da Oscar Ichazo, un maestro che ne è depositario, a Naranjo, che l’ha rielaborata in forma di una moderna psicologia, un modello psicodinamico articolato in vari livelli, i quali guardano al limite e al malessere, mirando all’autorealizzazione. Con l’Enneagramma si lavora in gruppo. Ogni carattere si struttura intorno a un suo specifico nucleo emozionale, la “passione”, e ad un nucleo cognitivo, la “fissazione”, ed è influenzato da tre forme di istinto, che ne costituiscono la natura basica: il conservativo, il sociale e il sessuale. L’istinto prevalente caratterizzerà il tipo con ulteriori tratti.
Lo studio del carattere è presente in tutto il SAT e si articola in più fasi di conoscenza. Si inizia con l’autoesplorazione per scoprire il proprio tipo e acquisire consapevolezza dei limiti che il carattere comporta, a causa del suo automatismo e dell’uso di un repertorio ridotto di modi di essere e di agire. In seguito si lavora sul cambiamento e sull’uscita dai blocchi caratteriali, attraverso la pratica della virtù e meditazioni specifiche per ciascuna tipologia (Ferrara, 2008). E poi sui nuclei cognitivi irrazionali, le idee pazze costruite nella prima infanzia. Il lavoro sul carattere porta alla struttura della personalità, non solo a ciò che appare, e nel mio lavoro in particolare si mette in luce la struttura del copione che sostiene ciascuna tipologia.
Per facilitare il cambiamento occorre ridecidere, ma anche riattivare l’autoregolazione organismica, la saggezza naturale. A questo scopo è importante il lavoro sul corpo, con il suo patrimonio di sensazioni, guida illuminante per la conoscenza dei desideri e delle intenzioni. Attraverso il movimento spontaneo, una forma di continuo, viene facilitato il contatto con le emozioni, le sensazioni fisiche e l’inconsapevole che il corpo porta in sé, nonché il contatto con il gruppo che spontaneamente si muove e liberamente interagisce. Avvengono scambi, incontri, manifestazioni affettive, comunicazioni impreviste, e nel qui e ora dell’esperienza cresce la consapevolezza, aumenta la coesione gruppale e l’autenticità. Scoprendo l’altro per come è, ci si apre ai sentimenti amorosi.
Tutto il processo SAT si avvale della terapia della Gestalt, sia nel lavoro individuale che nel lavoro a piccoli gruppi. I nostri adattamenti sono frutto di difese che ci hanno permesso creativamente di sopravvivere. Ciascun carattere ha un suo specifico sistema difensivo: nove categorie differenti. Inoltre si praticano esperienze di rinascita ispirate al rebirthing. Rivivere la propria nascita permette di risvegliare vissuti sepolti nella memoria corporea, traumi antichi che così rivisitati provocano forti movimenti emozionali ed energetici che aprono a nuove consapevolezze, e permettono di sperimentare un nuovo parentage con figure genitoriali accoglienti ed amorose. Il programma propone una visione spirituale dell’esistenza e la pratica della meditazione che, nelle sue varie forme, consente di raggiungere un’autenticità interiore e di conoscere gli stati più profondi della mente, dove si incontrano pace e armonia. Si contatta lo stato naturale dell’essere, al di là di attaccamenti e speculazioni intellettuali, tese a differenziare e a creare dualismi passionali. La meditazione porta ad uno stato interiore unitario che la mente intellettuale può solo raccontare o definire. Diversa è l’esperienza dello stato naturale, del senso del divino, non fuori da noi ma in noi stessi. Si comprende profondamente di essere dotati di ogni potenziale. Le pratiche meditative vengono dalla tradizione buddhista, un riferimento per la Gestalt di Perls, di Naranjo e di tanti altri gestaltisti: Vipassana, l’osservazione della mente; Zen, lo stare senza far niente e infine Vajrayana, la via della trasformazione. Peculiare del SAT è la meditazione in relazione che permette di stabilire una profonda interazione con l’altro e di sospendere valutazioni e giudizi a favore di una relazione più intima e armonica, guidata dalla coscienza sottile (Ferrara, 2011).
C’è anche il teatro. Una delle sue forme, il Teatro Trasformatore è frutto di una mia ricerca (Ferrara, 2012). Lo considero una via che porta al di là dei limiti copionali. Attraverso la trasformazione, una maniera di guardare in modo creativo e inesplorato a se stessi, in virtù di un metodo che si basa sulla conoscenza dei caratteri, dei copioni di vita, e soprattutto grazie all’intuizione, è possibile permettere all’attore il riappropriarsi di parti di sé poco sviluppate o mai vissute e di sperimentare nuove espressioni e comportamenti. Il SAT è un modello articolato e ricco di stimoli che vengono da differenti tradizioni. Si basa su una profonda fede sulla capacità di realizzazione dell’essere umano.